Uno dei grandi psicologi della scuola
di Palo Alto fu Watzlawick.
Lui,
assieme ad altri colleghi, si occupò della Pragmatica della comunicazione umana
e degli assiomi sulla comunicazione. Egli affermò che il comportamento umano implica
sempre una dimensione comunicativa: se ne deduce che l’essere umano non può non-comunicare. Ogni azione è
espressione di una determinata intenzionalità e così anche la rinuncia a
prendere la parola o a compiere un gesto – il
silenzio appunto – è uno degli elementi dell’interazione
comunicativa come lo sono la parola, il suono, il gesto e, come tale, può
essere oggetto di analisi.
l silenzio è in questo contesto uno
strumento di comunicazione molto potente che assume funzioni diverse, come, ad
esempio: attirare l’attenzione, generare sorpresa, marcare il potere,
approvare, generare intimità, dimostrare emozioni e sentimenti.
Il silenzio rappresenta
una forma di comunicazione nel sistema paralinguistico, e le sue
caratteristiche possono essere fortemente ambivalenti: il silenzio tra due
innamorati ha ovviamente un significato molto diverso rispetto al silenzio tra
due persone che si ignorano. Ma anche in questo caso gli aspetti sociali e
gerarchici hanno una parte fondamentale.
Il silenzio è una forma espressiva
multidimensionale, presente a diversi livelli e momenti della vita umana, con
funzioni differenti.
Diversi furono gli studi sul
significato del silenzio all’interno di uno scambio comunicativo.
1) Per la
filosofia del linguaggio si può ricordare la tipologia
circolare di A. Jacob (1980). Sostiene che mentre si parla si
incontrano due modalità di silenzio contrapposte: ascoltare
il mondo/ascoltare l’altro e capire/capirsi
e qui vi corrispondono i silenzi di
apertura (per poter parlare bisogna saper ascoltare sia il mondo
esterno sia se stessi) e i silenzi di
chiusura (come risultato dell’ascolto del mondo e dell’altro, come
esito del parlare con l’altro o della comprensione del proprio sé).
2) Il silenzio nella retorica è studiato da P.
Valesio (1986). Egli parla di due forme di silenzio: il silenzio vuoto e il
silenzio come pienezza. Il primo significa assenza di comunicazione; il secondo
come pienezza che
acquista il suo significato dall’essere inserito come parte del discorso (è un non-detto che allude a quanto
potrebbe essere detto, un prolungare il discorso in altro modo).
3) Il semiologo Caprettini (1988), richiamandosi al
modello di comunicazione proposto da Jakobson, per studiare la pregnanza comunicativa del
silenzio verifica se esso assolva a tutte sei le funzioni del linguaggio. Come evidenzia Caprettini sui
diversi piani della comunicazione (dell’emittente,
del destinatario, del messaggio, del canale, del contesto e
del codice) si possono
ricollegare funzioni del silenzio.
"Le parole si parlano, i silenzi si toccano" (F. Caramagna)
Fonte: http://www.senzanome.org/1web/index.php/scintille/un-percorso-consapevole/la-comunicazione-non-verbale.html,
http://www.lacomunicazione.it/voce/silenzio/
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