sabato 7 gennaio 2017

Il silenzio

Uno dei grandi psicologi della scuola di Palo Alto fu Watzlawick.
Lui, assieme ad altri colleghi, si occupò della Pragmatica della comunicazione umana e degli assiomi sulla comunicazione. Egli affermò che il comportamento umano implica sempre una dimensione comunicativa: se ne deduce che l’essere umano non può non-comunicare. Ogni azione è espressione di una determinata intenzionalità e così anche la rinuncia a prendere la parola o a compiere un gesto – il silenzio appunto – è uno degli elementi dell’interazione comunicativa come lo sono la parola, il suono, il gesto e, come tale, può essere oggetto di analisi.
l silenzio è in questo contesto uno strumento di comunicazione molto potente che assume funzioni diverse, come, ad esempio: attirare l’attenzione, generare sorpresa, marcare il potere, approvare, generare intimità, dimostrare emozioni e sentimenti.
Il silenzio rappresenta una forma di comunicazione nel sistema paralinguistico, e le sue caratteristiche possono essere fortemente ambivalenti: il silenzio tra due innamorati ha ovviamente un significato molto diverso rispetto al silenzio tra due persone che si ignorano. Ma anche in questo caso gli aspetti sociali e gerarchici hanno una parte fondamentale.
Il silenzio è una forma espressiva multidimensionale, presente a diversi livelli e momenti della vita umana, con funzioni differenti.
Diversi furono gli studi sul significato del silenzio all’interno di uno scambio comunicativo.
1)  Per la filosofia del linguaggio si può ricordare la tipologia circolare di A. Jacob (1980). Sostiene che mentre si parla si incontrano due modalità di silenzio contrapposte: ascoltare il mondo/ascoltare l’altro e capire/capirsi e qui vi corrispondono i silenzi di apertura (per poter parlare bisogna saper ascoltare sia il mondo esterno sia se stessi) e i silenzi di chiusura (come risultato dell’ascolto del mondo e dell’altro, come esito del parlare con l’altro o della comprensione del proprio sé).
2) Il silenzio nella retorica è studiato da P. Valesio (1986). Egli parla di due forme di silenzio: il silenzio vuoto e il silenzio come pienezza. Il primo significa assenza di comunicazione; il secondo come pienezza che acquista il suo significato dall’essere inserito come parte del discorso (è un non-detto che allude a quanto potrebbe essere detto, un prolungare il discorso in altro modo).
3)    Il semiologo Caprettini (1988), richiamandosi al modello di comunicazione proposto da Jakobson, per studiare la pregnanza comunicativa del silenzio verifica se esso assolva a tutte sei le funzioni del linguaggio. Come evidenzia Caprettini sui diversi piani della comunicazione (dell’emittente, del destinatario, del messaggio, del canale, del contesto e del codice) si possono ricollegare funzioni del silenzio.
 
"Le parole si parlano, i silenzi si toccano" (F. Caramagna)

Fonte: http://www.senzanome.org/1web/index.php/scintille/un-percorso-consapevole/la-comunicazione-non-verbale.html,
http://www.lacomunicazione.it/voce/silenzio/


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